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Nella primavera del 2013 l’iniziativa popolare legislativa generica «Educhiamo i giovani alla cittadinanza (diritti e doveri)» ha raccolto il numero di firme necessario ed è ora all’esame della Commissione speciale scolastica del Gran Consiglio. I promotori chiedono che «l’articolo 23a del capitolo VI della Legge sulla scuola del 1° febbraio 1990 venga modificato in modo che nelle Scuole Medie, Medie Superiori e Professionali sia introdotta una nuova materia d’insegnamento, denominata “Educazione Civica, alla Cittadinanza e alla Democrazia Diretta” che abbia un proprio testo e un proprio voto separati; tale materia dovrà essere obbligatoria e insegnata per almeno due ore al mese; onde evitare un aumento delle ore totali di insegnamento, e relativi costi, si propone di ricavare il tempo necessario dalle ore di storia»[1].

L’Associazione ticinese degli insegnanti di storia, riunita mercoledì 5 febbraio 2014 nella sua Assemblea generale, esaminato le richieste dell’iniziativa attualmente al vaglio della Commissione speciale scolastica, esprime le seguenti preoccupate considerazioni:

1. SCORPORARE LA CIVICA DALLA STORIA?

a) L’iniziativa conferisce alla civica lo statuto di «nuova materia» che, secondo i promotori, deve essere espressamente svincolata dalla storia, a cui toglierebbe circa un ¼ delle ore-lezione attualmente previste. Dalla storia svizzera sarebbe perciò scorporata la civica, come se le istituzioni del nostro paese non fossero lo specchio della società che le ha create. Si corre così il rischio di non considerare i processi storici e i contesti culturali che hanno fatto maturare e affermare il pensiero politico moderno, i diritti degli individui, le istituzioni pubbliche e le pratiche democratiche.

b) La storia è una disciplina che vede ogni anno il suo contenuto ampliarsi. Con l’attuale dotazione oraria, già ora gli insegnanti faticano a svolgere compiuta- mente il programma generale e nazionale (all’interno del quale sono previsti capitoli sulle istituzioni politiche svizzere), soprattutto se si considerano nuovi approcci didattici che fanno appello a un insegnamento più attivo e coinvolgente, basato sul lavoro di analisi e commento di testi e fonti documentarie;

c) Oggi, l’iniziativa per l’introduzione della civica si sovrappone alla sperimentazione dell’insegnamento della storia delle religioni che si è conclusa e che si prepara a divenire materia di insegnamento nelle scuole medie. Se entrambi i progetti fossero portati a compimento, non solo sarebbe in parte compromesso in termini di ore-lezione l’insegnamento della storia, ma si finirebbe per snaturare ciò che è la stessa storia insegnata nelle scuole. Sottraendo alla storia importanti capitoli dello sviluppo delle società umane, si procederebbe alla decontestualizzazione e alla destoricizzazione dei fenomeni religiosi e delle istituzioni politiche, e ciò finirebbe per precludere, in definitiva, la loro comprensione storica per affermarne, quasi, una loro verità atemporale. Un docente di storia potrebbe inoltre trovarsi nella situazione di insegnare tutte e tre le materie (storia, storia delle religioni e istruzione civica), ma in momenti distinti, dovendo raccogliere elementi di valutazione in tutte e tre le discipline.

2. UNA NUOVA MATERIA NELLA GRIGLIA ORARIA?

a) La «nuova materia» dovrebbe avere una dotazione oraria di almeno due ore-lezione mensili (in media mezz’ora-lezione alla settimana). Tale dotazione risulterebbe insufficiente e troppo frammentata per un lavoro didatticamente proficuo, a maggior ragione se occorrerà prevedere un congruo spazio per le verifiche e la formulazione di giudizi e valutazioni didatticamente fondati e non basata su semplice nozionismo.

b) Con questa proposta si rafforza inoltre la tendenza a moltiplicare le materie obbligatorie d’insegnamento e a comprimere una griglia oraria settimanale già molto carica e densa di impegni per gli allievi. Si corre così il forte rischio di creare uno «spezzatino» di discipline a bassa dotazione oraria e senza una propria identità con l’effetto non desiderato di incrementare le già numerose prove di verifica per assegnare le valutazioni.

c) Il testo dell’iniziativa prevede di insegnare la civica in diversi ordini di scuola, ma non indica per quanti anni deve essere impartito questo insegnamento. Non tiene neppure conto delle diverse realtà scolastiche e nemmeno delle differenti autorità a cui soggiacciono. Occorre ricordare che già oggi sono previste ore di civica con una specifica valutazione in alcune scuole professionali e che nei licei vi è l’obbligo generale per gli studenti di prima e di quarta di seguire la disciplina “Introduzione all’economia e al diritto”, la quale prevede esplicitamente lo studio delle istituzioni svizzere.

3. L’EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA NON È UNA MATERIA MA UNA FINALITÀ DI TUTTA LA SCUOLA

a) Dall’introduzione dell’articolo 23a nella Legge della scuola del 5 novembre 2001 si sono sviluppati numerosi progetti di Civica e di Educazione alla cittadinanza nelle scuole, sia nella Scuola media sia nella Scuola media superiore. In quest’ambito l’introduzione di una materia a sé stante, a cui spetterebbe il compito principale di insegnare la civica, rischia di deresponsabilizzare le altre componenti scolastiche. Condividiamo dunque le conclusioni del rapporto “Cittadini a scuola per esserlo nella società” pubblicato dalla Scuola Universitaria Professionale (SUPSI) nel febbraio 2012 in cui si ribadisce «la necessità di valorizzare e dare continuità a quanto di buono viene già attuato da parte di molti istituti scolastici e di tanti insegnanti a livello dell’insegnamento della civica e dell’educazione alla cittadinanza, allo scopo di dare risalto e consolidare questo prezioso patrimonio»[2].

b) L’educazione alla cittadinanza non è un compito né di una singola materia né della scuola, ma investe altre «agenzie» formative che potrebbero giocare un ruolo rilevante nella formazione del cittadino. Dubitiamo perciò che la scuola da sola possa far fronte al problema del disinteresse e del calo di partecipazione, fenomeno che purtroppo da tempo interessa ampi strati della popolazione e in particolare quella giovanile. Ci piace, ancora una volta, ricordare le parole del rapporto SUPSI che ritiene opportuno «rilanciare anche l’idea di una responsabilità maggiormente condivisa fra gli “attori sociali”: scuola, famiglia, altre agenzie di socializzazione, e non da ultimo i politici. L’introduzione delle giovani generazioni alla vita politica, sociale ed economica è un compito impegnativo e risulta, a nostro avviso, fondamentale rifuggire dalla tentazione di facili deleghe alla scuola, come talvolta emerge nel dibattito, ponendosi, ognuno nel proprio ambito, come modello di riferimento per quel che riguarda il vivere civile e democratico.»[3]

Alla luce di queste preoccupazioni, dopo aver discusso con i suoi soci nell’ambito dell’assemblea annuale tenutasi il 5 febbraio, l’ATIS sta meditando di offrire il suo contributo concreto alla ricerca di una soluzione ragionevole.

1 Cfr. http://www4.ti.ch/fileadmin/GENERALE/DIRITTIPOLITICI/Iniziative_e_referendum/Documenti/2013_Educhiamo_i_giovani_alla_cittadinanza.pdf

2 Pau Origoni, Jenny Marcionetti, Mario Donati, “Cittadini a scuola per esserlo nella società Rapporto sulla valutazione del potenziamento dell’insegnamento della civica e dell’educazione alla cittadinanza nelle scuole ticinesi”. In Quaderni , N.3, febbraio 2012, p.72. 3

3 Ibid., p.70.